SEL: SEMINARIO SUL FEDERALISMO
VERONA 3 DICEMBRE 2011
Relazione di Giorgio Gabanizza
coordinatore provinciale Sel Verona
"Chiunque detenga il potere può controllare anche il linguaggio,
e non solo con le proibizioni della censura,
ma cambiando il significato delle parole".
Czeslaw Milosz, poeta polacco
Uno dei compiti che SEL, dalla sua fondazione, ha inteso affrontare é quello di ricostruire innanzitutto un vocabolario, un lessico, un linguaggio ed una cultura autonomi della sinistra. Bisogna uscire dalla subalternità, non possiamo restare "imprigionati" dentro un linguaggio, un pensiero, una cultura politica spesso mistificanti e comunque ingannevoli.
Il linguaggio e la cultura politica del "mercato" hanno portato alla deriva il pensiero, l'elaborazione politica della sinistra che nel corso degli anni ha assunto come "leggi oggettive" scelte di dominio imposte da poteri forti e sovranazionali.
Più recentemente dobbiamo uscire, demistificandolo, da un linguaggio "imposto" dal leghismo e dalla destra relativo al federalismo.
Se qualcuno afferma che l'elefante è il federalismo, qualcun altro ha il compito di ripristinare la verità, ricordando che l'elefante é un animale colossale, quadrupede, dotato di due zanne e di una proboscide e che il federalismo é una corrente di pensiero, una ideologia, una teoria politica dello stato, un sistema politico che prevede e propone di "federare" tra loro stati indipendenti.
Come é noto il federalismo nasce da Montesquieu e dal pensiero di Kant che elabora la sua teoria della "pace perpetua" e che ritiene necessario che gli stati europei, che si sono combattuti in modo continuo e tragicamente devastante, finalmente si confederino dando vita a governi sovranazionali fino ad arrivare ad un unico potere mondiale e per ciò stesso pacifico, non avendo più, fuori di esso, popoli e stati da combattere e conquistare o dai quali difendersi.
Sono diversi i pensatori e gli uomini politici che hanno sviluppato questo pensiero e molte le esperienze politiche che si sono concretizzate in stati federali, dall'Europa alle Americhe e in molte altre parti del mondo.
In Italia, dopo la testimonianza di Cattaneo, la proposta "federalista" viene ripresa con il Manifesto di Ventotene nel 1941 da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi che auspicano la formazione di una Europa libera e unita, federale e socialista. Come non essere d'accordo e come non riproporre, rielaborandola, la costruzione di nuovi adeguati livelli di governo, almeno europei se non mondiali, per fronteggiare democraticamente le nuove sfide degli strapoteri finanziari ed economici che mettono in ginocchio popoli e stati?
Ma cosa c'entra il federalismo con quanto proposto e prodotto dal passato governo Berlusconi, dalla sua maggioranza e dai partiti di riferimento che ancora condizionano fortemente l'azione legislativa alla Camera ed ancor più al Senato?
Cosa c'entra il federalismo con i provvedimenti parlamentari emanati a partire dalla legge n. 42/2009 alle leggi dette di federalismo demaniale e fiscale? Nulla, proprio nulla!
A ben vedere, in nome del federalismo hanno emanato provvedimenti legislativi che hanno costruito uno statalismo centralista che non ha precedenti nella storia della Repubblica italiana, soprattutto dagli anni ' 70 in avanti. E mai come ora le autonomie locali sono state depotenziate, annichilite, messe in condizioni inadeguate a rispondere ai bisogni, alle necessità delle loro comunità. In più, con la scusa di tagliare i costi della casta della politica, hanno mirato esclusivamente a ridurre gli spazi della democrazia. Si vuole abrogare i consigli e le giunte provinciali mantenendo integralmente, invece, i poteri e le funzioni dello stato centrale nelle province con le prefetture! Si vuole ridurre il numero dei consiglieri regionali, comunali per ridurre la presenza delle rappresentanze popolari e politiche. Si avverte che il pluralismo politico e culturale e la partecipazione democratica sono assai poco tollerate, meglio ridurrre la loro presenza nelle istituzioni elettive. I consigli di circoscrizione dei comuni al di sotto dei 250.000 abitanti sono stati aboliti per legge dello stato centrale e ai consiglieri delle circoscrizioni dei comuni più grandi, sempre lo stato centrale, ha tolto qualsiasi rimborso spese. D'altra parte Berlusconi aveva auspicato che il parlamento fosse riassunto e vivesse solo nelle figure dei capigruppo!
Ritornando al federalismo, dunque, attualmente in campo c'è un'unica proposta, é quella della Bonino e dei radicali che ritengono arrivato il momento, di fronte alla crisi scatenata dalle multinazionali finanziarie che hanno messo in ginocchio popoli e stati, di costruire almeno una Europa politica, con un governo ed un parlamento che dovrebbero dare risposte politiche per uscire dalla crisi, per produrre regole, controlli e limiti allo stesso operare delle organizzazioni finanziarie. La proposta, appunto, é di costruire gli Stati Uniti d'Europa. Dovremmo essere d'accordo anche se servirebbe un governo democratico del globo per governare processi che da tempo sono transcontinentali, ora totalmente incontrollati e pericolosi.
Ma cosa c'entra il federalismo con le proposte e le scelte concrete della Lega Nord che domani a Vicenza ha convocato il parlamento della padania?
Per quanto riguarda l'Italia, la Lega non sembra interessata a federarla con la Repubblica di San Marino e/o con lo Stato del Vaticano. Da euroscettica (altro che federalista) é non solo ostile alla formazione degli Stati Uniti d'Europa, ma da questa Europa medita e minaccia di uscirne. Dopo quattro conti sulla capacità produttiva del nord non vuole ridistribuire "geograficamente" il reddito e la ricchezza.
Così il federalismo della Lega nord per l'indipendenza della padania vuole semplicemente distaccare la padania dal resto d'Italia. Punto.
Diversamente dai tempi di Miglio che ipotizzava la rottura dell’Italia, prima in due parti (la padania degli “intraprendenti” e la mediterranea degli “indolenti”) e poi, avendoci ripensato, in tre (padania, tuscia, mediterranea) con la conseguente costituzione di una federazione di tre stati indipendenti e federati, ora, come é scritto all’articolo 1 e all’articolo 2 del suo statuto, la Lega nord per l'indipendenza della padania vuole, appunto, l'indipendenza della padania all'interno della quale federare gli stati/nazione del Friuli, della Venezia Giulia, del Veneto, della Lombardia, del Trentino, dell'Alto Adige, del Piemonte, della Valle d'Aosta, della Liguria, della Emilia, della Romagna, della Toscana e dell'Umbria. Una sorta di padania nella fantasia un po' debordante ed abbondante!
La Lega nord per l'indipendenza della padania non ha un progetto federale per l'Italia, é per distaccarsi dall'Italia, dai meridionali "indolenti" e “mafiosi” e da Roma "ladrona". Ricordiamoci che nel 1997 aveva dichiarato "unilateralmente " la secessione della padania e nel 2002 la "devolution". Ricordiamoci che aveva istituito persino un parlamento ed un governo della repubblica padana in provincia di Mantova ed un suo corpo armato (una sorta di esercito), la "guardia nazionale padana" (inquisita dalla magistratura fino alla legge "ad legam" che, contenuta nel decreto omnibus dl 15.3.2010 n.66, ha abolito il reato di formazione di banda armata, così Maroni, portavoce del "comitato provvisorio di liberazione della padania" del 1996 e "reclutatore" della "guardia nazionale padana" ha potuto svolgere le funzioni di ministro della Repubblica Italiana, senza rispondere alla Giustizia ed al suo corso, come Bossi, Calderoli, Borghezio, Speroni ed altri).
D’altra parte la Lega era in cerca di qualche "magia" che giustificasse la sua appartenenza ad una maggioranza che ha prodotto leggi "antipopolari", emanato norme ad personam per il premier e votato provvedimenti per salvare dal carcere ministri, sottosegretari e parlamentari inquisiti dalla magistratura con pesanti incriminazioni. Ha anche "concorso" a far diventare ministri della Repubblica indagati per reati di mafia.
E la "magia" fantasiosa, per imbonire il suo elettorato tradito ed incazzato, é stata di dare il nome di federalismo a leggi che hanno messo in difficoltà enti locali e Regioni e che, a dispetto della loro autonomia fiscale/finanziaria pretesa dall'art.119 della Costituzione (riforma costituzionale della parte seconda, titolo quinto, riforma delle autonomie e non "federalista"), mantiene grande parte della fiscalità nelle mani dello stato centrale (con compartecipazioni degli enti locali e Regioni), quindi é in massima parte finanza trasferita dello Stato, dal quale dipendono come prima. Altro che autonomie! Naturalmente i processi di sostegno alla piena autonomia dei Comuni, delle Province e delle Regioni passano attraverso un proprio autonomo prelievo fiscale che deve essere calibrato da fondi nazionali di riequilibrio e di solidarietà ( come prevede l’art.119 della Costituzione), sia per garantire a tutti i cittadini il pieno godimento dei propri diritti, ricevendo "pari" servizi di "pari" qualità e quantità dal nord al sud, alle isole, sia per intervenire per ridurre ed annullare gli squilibri territoriali, tendendo ad "incrementare" le opportunità delle aree svantaggiate e mirando ad "omogeneizzare" verso l'alto le condizioni di lavoro e di vita di ciascun residente in Italia.
Va pretesa l'autonomia fiscale e finanziaria degli Enti Locali e delle Regioni, ma bisogna esigere, contestualmente, l'istituzione ed il funzionamento di un fondo perequativo/solidale anche per incrementare adeguatamente le disponibilità delle Regioni e degli Enti Locali delle aree più "povere".
Dunque SEL dovrebbe impegnarsi a sostenere e sviluppare la cultura federalista, democratica e pacifista per costruire gli Stati Uniti d'Europa, intanto, pensando ad un mondo che abbia un governo democratico, federale, capace di governare "democraticamente" processi finanziari, produttivi e distributivi, oggi in mano a "strapoteri multinazionali", che stanno "mangiando" l'economia reale, impoverendo il mondo, gettando per strada moltitudini di lavoratori e mettendo in pericolo la stessa sopravvivenza del globo.
Ma proprio in nome del federalismo Sel ha il compito di demistificare il linguaggio ingannevole e menzognero della Lega nord per l'indipendenza della padania e della destra (linguaggio ingannevole ora "adottato ed usato" purtroppo da tutti) che ha spacciato e spaccia provvedimenti neocentralisti per leggi federaliste che starebbero avviando il processo federalista che porterebbe l'Italia a diventare uno stato federale!!!
La bugia é così grande ed abnorme che si resta interdetti a non sentire voci di dissenso e di demistificazione, che, prendendo per le orecchie questi sfrontati, li svergogni davanti ai loro elettori e al Paese. Servono parole di verità. Il federalismo è una ideologia, una teoria dello stato, un sistema politico tendenzialmente pacifista, che va sostenuto in Europa e nel mondo e che é il contrario dell'euroscetticismo della Lega e di parte della destra, e del processo anti italiano, di rottura del nostro Paese con la secessione e l'indipendenza della padania, pretesa e voluta dal partito della Lega nord per l'indipendenza della padania.
Non possiamo accettare che si alimentino disegni centralistici e di drastica riduzione della partecipazione democratica e dei luoghi istituzionali della democrazia. Dovremmo partire proprio dall'esaltazione delle autonomie locali, rendendole adeguate a far crescere la partecipazione delle comunità, capaci di rispondere ai bisogni e alle aspirazioni dei loro cittadini. Occorre far crescere la consapevolezza che la massima autonomia deve stare dentro ai meccanismi dell'interdipendenza che ridistribuisce e reciprocamente "arricchisce". Ma non deve diventare il nostro percorso quello della realizzazione dello Stato delle autonomie, sancito dalle norme costituzionali rimaste sulla carta?
Serve, dunque, avviare questo processo di realizzazione delle autonomie con i necessari trasferimenti di poteri, funzioni e disponibilità di risorse dello stato centrale alle regioni e agli enti locali. Ma debbono fare altrettanto le regioni nei confronti dei comuni e delle province.
Sembra questa la strada più idonea a far crescere la partecipazione democratica, il coinvolgimento dei cittadini alle scelte partecipate dei bilanci e degli indirizzi programmatici. Questa è la sfida da lanciare demistificando gli imbrogli linguistici e politici della Lega nord per l'indipendenza della padania, dei suoi alleati ed aprendo gli occhi alle altre forze politiche ed agli elettori. Ricordiamo loro che federare è alleare, mettere insieme stati e non rompere lo stato italiano, non separare il nord dal resto dell'Italia e nemmeno varare leggi, a partire dalle leggi fiscali e quelle sulle manovre finanziarie, che rendono subalterni i comuni, le province e le regioni allo stato centrale, proprio il contrario del dettato costituzionale. Teorizzando l'abrogazione dei consigli provinciali hanno varato leggi con le quali istituiscono nuovi enti, con nuovi dipendenti, con presidenti e consigli di amministrazione nominati dal governo centrale (talvolta amministratori unici) e con compiti sottratti agli enti locali intermedi. Così Brancher, ad esempio, per festeggiare una sua ulteriore condanna definitiva, è stato nominato dal passato Governo Berlusconi/Bossi a capo di un "organismo di indirizzo" con un fondo di 160 milioni di euro da distribuire ai comuni veneti e lombardi confinanti con Trento e Bolzano. Altro che attuazione dello stato delle autonomie, qui si tratta di pratiche di vassallaggio medioevale!
Insomma il federalismo non è l'elefante, ma meno che meno lo sono le pratiche centralistiche in questi anni del passato governo. La Lega non è federalista, è per l'indipendenza della padania, della sua secessione dall'Italia come afferma il suo statuto.
La Lega nord per l'indipendenza della padania nel corso di questi anni, con la destra, ha combattuto l'immigrazione di chi fuggiva da guerre, dai bombardamenti "intelligenti" ma comunque mortiferi, dalla miseria, ha costruito per loro campi di concentramento eufemisticamente chiamati cie, ha tentato di trasformare i sindaci in sceriffi, ha drasticamente tagliato le risorse ai comuni, alle province ed alle regioni, ha tolto l’ICI alla prima casa dei ricchi ( mentre Prodi l’aveva tolta solo ai detentori di redditi medio bassi), ha aumentato il carico fiscale colpendo soprattutto i meno abbienti, ha regalato condoni e scudi fiscali agli evasori, ha stremato scuola ed Università, ha salvato Berlusconi e personaggi poco raccomandabili da processi e galera, ha cercato di ridurre gli spazi della democrazia e della partecipazione, ha ridotto i diritti sindacali e dei lavoratori, spensierata, ha ignorato e persino negato l'esistenza della crisi trastullandosi con patetiche aperture di ministeri al nord. Euroscettica contrasta il federalismo e per il nord sogna separazioni. E cosa c'entra dunque con il federalismo? E il federalismo cosa c'entra con le norme e le pratiche dell' ultimo governo? Nulla, proprio nulla!
Il problema non è solo nominalistico, è politico e persino "morale". Non si può ingannare, la politica ha bisogno di parole di verità e di coerenza per ridiventare credibile e fruibile, per essere partecipata. Questo è un nostro compito.
Va comunque precisato che a creare un po' di confusione è stata l'introduzione, nel 1959, del termine federalismo fiscale da parte Richard Musgrave, uno dei padri della scienza della finanza. Egli è consapevole che il termine può generare equivoci e precisa che il "federalismo fiscale" va riferito non solo agli stati federali ma anche agli stati unitari e non ha nulla a che vedere con il federalismo.
Così poi, in letteratura e in dottrina, federalismo fiscale viene usato, spesso premettendo che tale termine può ingenerare ambiguità e fraintendimenti, come "spostamento dell'asse del prelievo fiscale dal centro alla periferia". In Italia, dagli anni '90, federalismo fiscale viene troppo spesso ritenuto "come un parente stretto del federalismo tout court!" E come è noto viene spesso incarnato dalla cultura dell'individualismo, dell'egoismo istituzionale, della concorrenza territoriale con il rischio di rompere ulteriormente il tessuto sociale.
Gli 8 decreti legislativi del "federalismo fiscale", che sono l'ossatura del nuovo assetto delle relazioni finanziarie tra stato e periferia, contengono modifiche più formali che sostanziali rispetto alla situazione degli anni '90, e generano incertezza, qualche indeterminatezza ed una finanza pubblica non coordinata.
Sembra unanime, non la politica, ma la dottrina nell'affermare che la generica formulazione di molti provvedimenti è aperta a necessarie modifiche e rappresenta un rischio di crescenti contenziosi. Molti studiosi affermano che "il neocentralismo che accompagna gran parte dei recenti provvedimenti è espressione della conferma del ruolo di guardiano dello stato centrale e della negazione dei principi stessi del "federalismo fiscale", cioè del decentramento fiscale", che nulla ha a che vedere con il federalismo!
Infine va ricordato che uno stato è troppo piccolo per affrontare i grandi problemi della globalizzazione ed è troppo grande per affrontare i piccoli problemi del vivere dei cittadini e delle comunità.
Bisogna articolare i livelli di governo ai livelli dei problemi con equilibrio e con molta determinazione vanno rivendicate istituzioni ai diversi livelli dei problemi dotandole di funzioni, poteri e risorse adeguate, a partire da quelli sovranazionali a quelli locali che rappresentano il tessuto connettivo del paese.
Una cosa deve essere inderogabile e cioè che i grandi e piccoli problemi vanno affrontati non abrogando la democrazia, al contrario promovendo il concorso dei cittadini e la partecipazione democratica, rafforzando le istituzioni elettive e i loro canali di collegamento con la società.
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